ALBUM DEI RICORDI

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DON DANTE NELLE PAROLE DI CHI LO HA CONOSCIUTO:

Arnaldo Bassini:
Il don Dante vero […] è quello che, al termine della cena in trattoria, ‘dà la nota’ ai commensali-coristi.

Carla Milanesi:
Nel 2000 mi affidò gli ultimi coristi della Cappella Musicale per costituire il coro “Il Cantiere”. Cantava anche lui, fra i tenori. I ruoli si erano invertiti.

Roberto Zanchi:
Don Dante sembrava seguire costantemente un pensiero lontano. Stando accanto a lui si percepiva chiaramente di avere a che fare con un grande musicista.

Silvana Cappellini:
Sapeva valorizzare i talenti. A me che sono insegnante ha trasmesso la capacità di suscitare interesse e passione nei ragazzi.

Antonio De Lorenzi:
Nel 2002, mi esibii nella Sala dei Quadri di Palazzo Comunale con lo Stradivari 1715. Alla fine del concerto dedicai a don Dante, che era nel pubblico, un brano del Maria Mater Gratiae dal Transitus di Lorenzo Perosi. Lui, infatti, aveva scritto un adattamento per coro e orchestra di quel pezzo. Non mi ha ringraziato, non una parola. Qualche tempo dopo ricevetti per posta una sua cartolina raffigurante lo Stradivari 1715 con scritto: «Volevo ancora lodarti per l’esecuzione della ciaccona e per il ricordo che hai di me».

Giuliana Chiti:
Attraverso la musica, che era al centro della sua vita, sapeva trasmettere anche il senso religioso.

Giovanni Arvedi:
Ha segnato profondamente il suo tempo, con una grande cultura, un’infinita disponibilità verso il prossimo e indiscusse qualità musicali. È una persona che rimpiangiamo tutti.

Giorgio Scolari:
Negli anni ’60 seguii un corso di organo con lui. Si faceva lezione dove capitava: una volta a casa sua, una volta nella cripta, una volta in sagrestia, una volta sull’organo. A volte andavo in Duomo all’orario prestabilito e bisognava cercarlo dappertutto. Un giorno mi capitò di trovarlo nel confessionale. Mi avvicino, lo chiamo sottovoce, lui apre la tendina: «Cusa ghet» (cos’hai?). Io rispondo: «Don Dante, sono qui per il corso, non ti ricordi?». Quel giorno non c’è verso di convincerlo, perché lui da lì non ha alcuna intenzione di uscire. E allora? La lezione si fa così: lui dentro il confessionale e io fuori, in piedi, ad ascoltarlo.

Giuseppina Perotti:
Raccogliere la sua eredità è un dovere morale per tutti noi che gli siamo stati vicini, che lo abbiamo conosciuto, che con lui abbiamo collaborato riconoscendo, nelle sue opere e nelle sue iniziative, il valore di una mente eccezionale e di un cuore nobile.

Lettera di don Dante a Ilaria Geroldi, 25 marzo 1989:
Cara Ilaria,
[…] Credo di doverti dire che – sia il coro che io – dobbiamo essere onorati di averti avuta come solista nel Concerto di Pasqua […]. La parola ‘successo’ non è fuori luogo. L’esperienza insegna che il successo non bisogna cercarlo: arriva qualche volta, per una serie di fortunate coincidenze. Ma arriva di solito, accompagnato con lo studio, la perseveranza, il coraggio, la pazienza, la riflessione, l’umiltà.

Camillo Fiorentini:
Cercava la cantabilità, non il virtuosismo. E suonava con stile.

Antonio Greco:
Con don Dante, nelle Voci Bianche, ho provato per la prima volta l’ebbrezza della polifonia.

Giuseppina Perotti:
Ricordo che un anno, alla festa patronale di S. Omobono, la messa solenne era preceduta da un concerto della Banda in piazza duomo. All’interno della cattedrale si aspettava la conclusione del concerto per dare inizio al rito e don Dante era pronto alla consolle dell’organo. L’ultimo brano era una marcia bandistica: ebbene, nella tonalità dell’accordo finale don Dante improvvisò su quel tema dando ancora una volta dimostrazione del suo talento musicale.

don Gino Assensi:
Non gli scappava un attacco e – di conseguenza – trasmetteva un senso di sicurezza ai cantori che induceva ad affrontare anche pagine complesse e difficili.

Renato A. Rozzi:
I cremonesi devono molto a don Dante: il suo coro è stato un archetipo ed oggi appare felicemente come un prolifico genitore di tanti cori.

Franca Dall’Acqua:
Un giorno don Dante entrò in libreria. In negozio c’era uno dei miei due figli, che allora aveva 6 anni. Lui disse al bambino: vieni con me. Più tardi, cercandoli invano nei dintorni, sono arrivata in Duomo. E li ho visti sull’organo. Ho assistito a quella scena che aveva del poetico: l’omone – perché don Dante era un omone – con le mani sull’organo e il bambinetto estasiato. Ha saputo trasmettergli la passione per la musica nel modo più emozionante possibile. Oggi suona la chitarra e non ha mai dimenticato quel momento.

Dedica con cui don Dante dona il manoscritto di Ponchielli a Marco Ruggeri, 7 gennaio 2002:
Al bravissimo organista Marco Ruggeri in segno di gratitudine e di amicizia questo manoscritto di Amilcare Ponchielli che egli ha già offerto alla ammirazione di quanti lo ascoltarono nella chiesa di San Bartolomeo a Vescovato. C’ero anch’io!

Mario Bolognesi:
Quando morì, persi un fratello maggiore.

don Giosué Regonesi:
Vedeva la musica come servizio a Dio.

don Luisito Bianchi:
Mi colpiva molto la sua estrema umiltà, in contrasto con la sua grandezza. Il suo essere, senza voler mostrare di essere.

don Giuseppe Ferri:
Ricordo la soddisfazione che provai accettando l’invito di don Dante ad animare, con il mio coro e la mia orchestra, la celebrazione per il centenario del Seminario, il 28 aprile 1988.

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